Correva l’anno 1939 e l’Italia si avviava verso la guerra, le radio diffondevano una melodia leggera, quasi spensierata. Era “Se potessi avere mille lire al mese”, il brano cantato da Gilberto Mazzi che diventò il sogno musicale di un’intera generazione. Un desiderio semplice: una casa, qualche abito decoroso, un amore da costruire e, soprattutto, una piccola sicurezza economica.
Nel 1939, mille lire significavano libertà. Oggi, cinquanta centesimi. A distanza di oltre ottant’anni, mille lire valgono poco più di 50 centesimi di euro. Eppure, quel numero rotondo evocava allora un mondo possibile. Oggi, in un’epoca segnata da inflazione, affitti insostenibili e contratti a tempo determinato, la serenità che mille lire sembravano garantire appare un miraggio. Un giovane italiano del 2025 non sogna più “mille lire al mese”, ma forse mille euro alla settimana. E anche così, spesso non basta. In una società dove tutto accelera – dai costi della vita alla precarietà affettiva – il desiderio di stabilità si è trasformato in ansia. L’equilibrio che la canzone auspicava si è perso tra bollette digitali, algoritmi del lavoro e affitti da capogiro.
Com’era davvero il sogno degli italiani del 1939? Lo abbiamo chiesto – con un salto immaginario nel tempo – al signor Adelfo… impiegato palermitano dell’epoca.
Intervista immaginaria ad Adelfo… impiegato, Palermo 1939
-Signor Adelfo, lei ha sentito la canzone “Se potessi avere mille lire al mese”?
Adelfo: Certo! L’ascolto spesso alla radio. È diventata una specie d’inno per noi impiegati. Mille lire… sarebbe una fortuna! Oggi ne prendo poco più di 500.
-Cosa farebbe con mille lire?
Adelfo: Pagherei l’affitto senza problemi, potrei sposarmi, portare la mia fidanzata al cinema, mettere da parte qualcosa. Vivere senza ansia. È un sogno che sembra grande, ma in realtà è solo… normale.
-Le sembra un sogno realizzabile?
Adelfo: Forse sì, forse no. Ma è bello pensare che basti una cifra così per vivere bene. Noi non sogniamo ricchezze. Solo tranquillità.
-Oggi nel 2025, molti giovani italiani guadagnano meno di quanto servirebbe per affittare una stanza in città.
Adelfo: (sorridendo): Davvero? Allora forse abbiamo avuto più fortuna noi. Sognavamo poco, ma quel poco valeva tanto. Tempi semplici, quando bastava una “carriola a pallini” per fare gruppo e appassionarsi, oppure un cerchio di bicicletta e un bastone, altro che videogiochi….
“Se potessi avere mille lire al mese” è più di un motivetto nostalgico.
È il racconto di un tempo in cui la felicità si misurava in cose semplici: un tetto, un amore, una sicurezza economica modesta. Oggi, mentre i parametri del benessere si sono alzati (e complicati), quella vecchia canzone ci interroga ancora: quanto ci basta, davvero, per essere felici ?Forse non servono più mille lire. Forse serve solo riscoprire la forza dei sogni semplici.
©Claudio Di Gesù