San Cipirello: vino e archeologia

L’11 marzo 1838 una paurosa frana colpisce il paese di San Giuseppe Jato. Nello stesso anno verso il mese dì marzo l’Intendente di Palermo (come allora si chiamava il Prefetto), dopo aver disposto i necessari aiuti alla popolazione colpita dalla calamità, dispose che sì provvedesse a ricostruire la parte di paese distrutta, in contrada “San Cipirello”, proprio a mezzo miglio da San Giuseppe Jato.

Appena tre anni dopo, la nuova borgata contava già 700 abitanti e, durante i moti rivoluzionari del 1848, si autoproclamò comune autonomo col nome di San Cipirello, anche se dovette aspettare fino al 1864 per ottenere il riconoscimento giuridico. Il paese si sviluppò urbanisticamente con una struttura a scacchiera e – data la poca distanza da San Giuseppe – presto tra i due centri non vi fu più soluzione di continuità, tanto che, oggi, per i forestieri è difficile capire dove finisca l’uno e cominci l’altro.

Il monumento più importante di questo giovane paese è la chiesa Madre, costruita a metà del XIX secolo. Da alcuni anni, però, gli abitanti di San Cipirello stanno scoprendo l’orgoglio di possedere radici antiche, legando sempre più il loro nome alla grande città élima, che sorge sul monte proprio sulle loro teste. Si tratta della città – le cui origini risalgono probabilmente al IX-VIII secolo a.C. – che i Greci poi chiamarono “laitas”, lato.

Il merito di averla riportata alla luce spetta alla missione archeologica svizzera, guidata dal professar Peter Isler, dell’Università di Zurigo, che dal 1971 vi conduce regolari campagne di scavi. Che sia veramente l’antica città di “laitas” nessun dubbio: durante gli scavi sono state rinvenute tegole e monete che portano chiaramente scritto questo nome.

Essa sorge sull’altopiano di Monte lato, che dista circa 30 chilometri dal capoluogo ed è facilmente raggiungibile tramite la “veloce” Palermo-Sciacca. L’altopiano svetta 852 metri e domina l’intera vallata, fino al mare. Gli scavi hanno dimostrato che lato venne in contatto con la civiltà greca intorno al 550 a.C, tanto da assumerne l’aspetto urbanistico. Infatti, vi si può ammirare lo splendido teatro in discreto stato di conservazione (poteva contenere oltre 4.400 persone), il bouleuterion (la sala del consiglio), l’agorà (la piazza), diverse strutture residenziali private, le fortificazioni e la rete viaria interna. La città aveva pure un tempio dedicato ad Afrodite. La piazza, pavimentata con lastre in pietra, occupa un’area aperta di circa 200 metri quadrati, circondata da tre lati da portici a due navate.

La sala del consiglio (bouleuterion) sorge sul lato ovest della piazza, ha una pianta quadrata e nove gradinate a semicerchio, accessibili da quattro scalinate. Essa aveva circa 200 posti a sedere. Il tempio di Afrodite, invece, si trova sul lato sud della piazza, vi si accedeva mediante una largo scalinata di sei gradini. Il teatro poggia su un pendio naturale e ha 35 gradinate: le prime tre erano riservate ad ospiti d’onore (sacerdoti, magistrati, ecc.). Importante, infine, è la cosiddetta “casa a peristilio”, riportata alla luce nel quartiere residenziale della città: occupa 800 metri quadrati: a due piani, vi si contano 25 vani, compresi i cortili interni. Dopo la città venne dominata dai Cartaginesi e dai Romani.

Intorno al I secolo d.C, Jato venne distrutta probabilmente da un terremoto, per molti secoli rimase disabitata, ma tornò a splendere con l’arrivo in Sicilia degli Arabi. Fu definitivamente distrutta da Federico II nel 1246 e i suoi abitanti – come consuetudine – deportati a Lucera, in Puglia. Numerosi ed interessanti reperti rinvenuti tu Morire Jato sono adesso sistemati nell’antiquarium comunale di San Cipirello e costituiscono una notevole attrazione per il sempre più diffuso turismo culturale.

Adesso lo sforzo del Comune, d’intesa con la Provincia Regionale di Palermo e con la Soprintendenza ai Beni Culturali, è tutto rivolto alla valorizzazione del sito archeologico, mediante la realizzazione del Parco. Sono già state espropriate sia l’area archeologica che una vasta zona circostante per la salvaguardia ambientale. Quindi, sono stati realizzati la recinzione, dei piccoli edifici in pietra da adibire a servizi, un parcheggio, i percorsi pedonali e la piantumazione di alberi nelle aree di arrivo e di sosta. E’ previsto, adesso, il recupero delle case d’Alia per la nascita di un museo e l’attivazione di un sistema informatico per sentieri didattici di tutta la valle del Belice. La Provincia, infine, si è impegnata ad intervenire per rendere facilmente carrabile la strada che porta al parco archeologico. La valorizzazione del Parco aiuterà sicuramente lo sviluppo economico dell’intero territorio, grazie anche ai numerosi insediamenti di agriturismo.

L’aria pulita, le bellezze paesaggistiche del territorio e le “passeggiate” culturali nell’antica città di Jato, sono il “pacchetto turistico” che la città offre ai visitatori, che già cominciano ad apprezzarlo. Il futuro dei giovani dipende molto dalla capacità di saper utilizzare al massimo le risorse di questo territorio.

Accanto al turismo culturale e ambientale, San Cipirello punta molto alla valorizzazione dei suoi vigneti, che già da tempo costituiscono la produzione agricola più importante del paese. Esistono diverse cantine sociali, gestite da cooperative contadine, alcune delle quali imbottigliano vino pregiato, commercializzandolo in Italia e all’estero. Proprio alle porte del paese, lungo la “veloce” Palermo-Sciacca, esiste un’area per gli insediamenti della piccola e media industria, che l’Amministrazione Comunale spera di poter completare e mettere al servizio delle imprese del luogo e dell’area metropolitana di Palermo. Le possibilità concrete per un salto di qualità ci sono tutte, a cominciare dalle nuove opportunità offerte dal patto territoriale “Corleonese-Alto Belice”, al quale il comune ha aderito.

La cultura gastronomica di San Cipirello è intimamente legata alla cultura del lavoro agricolo e pastorale. Una cucina semplice ed essenziale che ancora oggi, seppure in parte modificata, sopravvive. Dalla farina del grano, coltura eletta del territorio siciliano, si ottengono squisite e forti specialità come lo sfincione rustico, la schiacciata, le “vacanze”, il pane veramente integrale ottenuto con le varie qualità di grani duri, i “tagghiarini” e i “lasagni” confezionati a mano. I “tagghiarini” si mangiano a minestra con il “maccu”, pietanza di antica tradizione, realizzata cuocendo le fave secche, fino a ridurle ad una consistenza semifluida, che verrà aromatizzata con finocchietti di montagna, e condita con olio d’oliva da frantoio.Il grano ha modo di essere protagonista assoluto il 13 Dicembre nel giorno di S. Lucia, in cui per devozione alla Santa viene preparata, in sostituzione del pane, una caratteristica pietanza di solo grano bollito detta “cuccia”.

Dalla tradizione pastorale provengono la squisita pasta con la ricattai i numerosi formaggi come la tuma, il primosale, il caciocavallo fresco e stagionato, la ricotta fresca o salata. La ricotta dì pecora entra come ingrediente fondamentale nella confezione di sontuosi dolci come la cassata siciliana, i cannoli e le cassatelle.

Dalla tradizione dell’allevamento e della macellazione, derivano le ottime carni di capretto, agnello e castrato nonché le salsicce variamente condite.

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I dolci più diffusi di antica tradizione legati ad eventi festivi sono: i “mustazzoli”, i “cucciddata” e i “sfinci” nel periodo natalizio, i “pupa cu l’ovu” a “pignulata” nel periodo pasquale.

La presenza della zona archeologica di Monte Jato, dei sentieri naturalistici e la produzione di prestigiosi vini locali fanno di questa terra una fonte inesauribile di risorse.

Il meeting “Città del Vino e dell’archeologia”, è un importante appuntamento per affrontare tutte le problematiche inerenti alla promozione turistica e culturale della Valle dello lato, ma anche al rilancio dei vini locali e dei prodotti artigianali nei mercati italiani ed esteri. Nelle precedenti edizioni hanno partecipato relatori di fama nazionale ed internazionale come l’imprenditore Gianni Zonin, il prof. Carlo Cannella Ordinario di Scienza dell’Alimentazione dell’Università “La Sapienza” di Roma, il prof. Jeremy Jans archeologo del “The Original Institute University di Oxford”. La manifestazione prevede oltre ai momenti della convegnistica anche visite guidate alla zona archeologica, all’Antiquarium ed al museo etnoantropologico; spettacoli musicali e degustazione dei prodotti agro-alimentare locali.


Sito web ufficiale del Comune: http://www.comune.sancipirello.pa.it