Storiella semiseria, ma non tanto, di Palermo… dai Fenici alla fine !

…tutto cominciò nel lontano VIII secolo a.C., quindi circa 2800 anni fa, epoca cui risale la fondazione della città… (*) 

I primi ad approdare sulle nostre rive furono un gruppo di turisti “fai da te”, pare si chiamassero “Fenici”, provenienti dal nord Africa, i quali sbarcarono sulle nostre coste per caso, e il posto dovette piacere loro perché vi si stabilirono per qualche tempo. Doveva essere un popolo ecologicamente evoluto perché, in giro per la città, non sono state trovate tracce della loro presenza (un sacchetto, una lattina, niente). In loro onore, il luogo prese il nome di ” ZIZ ” cioè “fiore”, e scusate se è poco !

Il successivo gruppo di turisti proveniva dalla Grecia ed era composto dai parenti più ricchi dei precedenti, perché nel frattempo, come sempre accade, i costi erano lievitati e i Fenici si erano diretti verso altri lidi !

I Greci erano più numerosi e indubbiamente meglio organizzati (si portavano appresso anche gli insegnanti che durante il giorno educavano i bambini, evitando che dessero fastidio alle mamme, le quali potevano tranquillamente spettegolare). Sembra avessero una particolare mania: costruire statue, templi e teatri!

Ovunque approdavano, ne costruivano di nuovi, e subito dopo li demolivano (ne fosse rimasto in piedi uno, uno soltanto!). Furono considerati ospiti particolari ed in loro onore il luogo prese il il nome di “PANORMOS” che significa “tutto porto”, così come i Greci lo avevano definito al loro arrivo…

…naturalmente, quando un posto è bello, la notizia fa rapidamente il giro del mondo e i turisti arrivano, con ogni sorta di mezzi e senza prenotare, creando una confusione incredibile!

Fu per questo che, intorno al III secolo a.C., di fronte ad una massa enorme di turisti, Romani da una parte, Cartaginesi dall’altra, arrivati quasi contemporaneamente sul posto, fu necessario organizzare un torneo per decidere chi avesse diritto a soggiornarvi.

Furono organizzati in quattro e quattr’otto i primi “giochi punici” (una sorta di “giochi senza frontiere”, senza arbitri né TV), alla fine dei quali i romani sconfissero i laziali, pardon, i cartaginesi, e conquistarono il diritto a risiedere nel villaggio; e siccome erano tanti e ben organizzati (roba da non credere!), si occuparono direttamente della gestione del villaggio, che nel frattempo si era ingrandito notevolmente.

Poi, bontà loro, i romani cominciarono ad organizzare delle escursioni nei vicini villaggi, e siccome le strade erano quelle che erano, cominciarono a costruirne di nuove, (un particolare ringraziamento!); infine, così come era avvenuto per i Greci, agli abitanti del luogo parve opportuno accogliere un’istanza dei Romani, e così Panormos divenne PANORMUS (…i primi appalti che la storia ricordi, per la sostituzione dei cartelli stradali e delle carte geografiche delle scuole elementari…!).

Da quel momento in poi, per qualche secolo, la situazione si presentò alquanto confusa.

La presenza dei Romani, comoda per certi versi, impediva però la crescita turistica del luogo in quanto essi avevano in un certo senso “monopolizzato” le strutture del tempo, rendendo la vita difficile ai vacanzieri di altra provenienza. Al punto che, quando la massa di gitanti divenne molto numerosa, si ricorse per altre due volte ai giochi punici; e ogni volta sembrava una vera e propria guerra, con le imbarcazioni degli uni e degli altri ormeggiate in rada con le vele issate pronte ad entrare in porto!

Va da sé che, in tutto questo bailamme, qualche scaramuccia ci fu pure, e forse per questo la Storia narra i fatti in modo diverso!

Tutto ciò sortì due diversi effetti:

– uno, positivo: il fatto che si arrivasse a scontrarsi per accaparrarsi il soggiorno, voleva quindi significare che il posto doveva avere caratteristiche non comuni! Da qui la notorietà internazionale di cui ancora oggi gode la nostra città;

– l’altro, negativo: le dimensioni raggiunte resero inevitabile la creazione di tutta una serie di strutture “burocratiche” attraverso le quali si facilitava forse la vita ai residenti ma la si rendeva sicuramente difficile ai viaggiatori; e forse per questo i turisti semplici cominciarono a prendere la via dell’Adriatico (dove le acque, mucillagine più, mucillagine meno, erano comunque più calme!).

I romani divennero pian piano gli azionisti di maggioranza e a loro fu naturalmente affidato il governo del comprensorio turistico e dell’annessa città; essi però, probabilmente appagati dai successi raggiunti (ma dovevano ancora incontrare le squadre del Nord) non si resero conto che le dimensioni assunte dalla città erano divenute tali da giustificare il ricorso al “federalismo”, continuando invece con la gestione di tipo “centralista”, essenzialmente affidata ai militari; ciò determinò un fallimento talmente rovinoso che, qualche anno dopo, quello del Banco Ambrosiano sembrò una bazzecola!

Ci volle qualche secolo per riprendersi da questa bancarotta, e durante questo periodo la città continuò ad ospitare turisti confluiti dal nord della Germania, i Barbari.

A costoro, in verità, non interessavano né le bellezze naturali né le possibilità di sviluppi commerciali. Si divertivano a “occupare” e a sottomettere le popolazioni.
E anche per loro, poveri emigranti in cerca di un posto fisso, i pazienti ed ospitali palermitani trovarono parole di conforto!

E anch’essi ad un certo punto, se ne tornarono a casa a costruire Porsche e Mercedes (ma mi sorge il dubbio che qualcuno sia rimasto).

La città ripiombò in crisi, e gli operatori turistici del tempo faticarono non poco a reperire sul mercato nuovi turisti per consentirle di sopravvivere.

Alla fine però riuscì a stipulare un buon contratto con i Bizantini, un popolo quasi turco con le abitudini romane (quelli del famoso Arcivescovo di Costantinopoli, e che nel loro paese erano riusciti a realizzare una sorta di federalismo).

Ai Bizantini il posto dovette piacere molto, perché complessivamente vi soggiornarono per circa trecento anni, vivendo in buona armonia con la gente del posto.

Poi, siccome tutte le cose belle finiscono, anche i Bizantini se ne tornarono a casa, (alcuni di essi dovettero però rimanere per fare da istruttori ai “mosaicisti” dell’epoca. E grazie ad essi possiamo oggi ammirare i magnifici “mosaici bizantini” della Cappella Palatina).

Il successivo gruppo di turisti era formato da Arabi, generalmente provvisti di famiglie numerose, ai quali si dovettero in fretta e furia concedere licenze edilizie di ogni genere (case, moschee, monumenti, fortificazioni, e quant’altro fosse presente nel loro paese d’origine) per consentirne un corretto insediamento.

Agli Arabi va riconosciuto il merito di aver contribuito al rilancio dell’economia della città (che, nella loro lingua, chiamarono “Balarm”), risvegliando gli interessi commerciali sopiti dai Bizantini.

Poi, nel 1072 i Normanni: tale Ruggero, fratello di Roberto detto il Guiscardo, originario della lontana Danimarca, lanciò una OPA (offerta pubblica di acquisto) con la quale si impadronì praticamente di tutta la città.

C’è da dire che, dalla fondazione della città fino a questo momento, i turisti, a parte gli arabi, si erano sempre comportati da turisti; finite le ferie, cioè, tutti a casa; quindi tutto si risolveva nello scattare quattro fotografie, trovare (sia pure con qualche difficoltà) qualche avventura galante, e portarsi a casa qualche pezzo di scoglio o qualche conchiglia come souvenir; dai Normanni in poi invece le cose cambiarono; e notevolmente anche !

Federico II, una volta acquisito il controllo totale della città, impostò un programma di notevole spessore, soprattutto se paragonato ai programmi degli altri manager dell’epoca, la cui unica preoccupazione era quella di imporre tasse al popolo e di fare grandi feste a corte. Egli infatti (e ricordiamo che siamo nell’anno 1200 circa) fondò scuole, strutture amministrative, e rivalutò la lingua locale, fino ad allora bistrattata da tutti.

Con Federico II la città diventa uno dei maggiori centri culturali del continente europeo! Tante cose belle furono fatte, e di molte è rimasta testimonianza ma, nella foga di “rinnovare”, agli amministratori Svevi sembrò cosa logica allontanare dalle funzioni ufficiali e dal commercio la comunità araba, che in quel tempo contava più della metà degli abitanti. E questa fu giudicata concorrenza sleale !

Cominciarono quindi le incomprensioni …

Poco dopo, a seguito di una crisi in borsa, la città passò sotto il controllo degli Angioini, provenienti dalla Francia, i quali non trovarono altro di meglio da fare che governare male.

I pazienti ed ospitali palermitani (la cui popolazione maschile aveva nel frattempo maturato una profonda antipatia verso il “maschio” angioino!), a questo punto non ne potettero più e, prendendo lo spunto da un pesante complimento fatto da un soldato francese ad una dama palermitana mentre questa passeggiava davanti alla chiesa di Santo Spirito, il 31 Marzo 1282 (era la Pasquetta), accesero la rivolta, propagatasi rapidamente per tutta l’isola, costringendo gli Angioini alla fuga.

Certo, l’essersi liberati dall’oppressione angioina permise ai palermitani e ai siciliani tutti di tirare un respiro di sollevò, ma non dobbiamo dimenticare che la città, vivendo di turismo, non poteva certo sopportare lunghi periodi di magra!

Fu così che, dopo aver cortesemente rifiutato i tentativi di ritorno degli angioini, ci si accordò con gli Aragonesi (una nobile famiglia spagnola proprietaria di alcuni castelli, e già esperta di agriturismo).

Questi, preso possesso della città, la nominarono capitale del Regno di Sicilia, e a capo della organizzazione venne posto tale Pietro I, che assunse il titolo di Re di Sicilia.

Gli Aragonesi sembra non contribuissero molto a mantenere la città al livello cui l’aveva portata Federico II; anzi, sembra che il soggiorno in Sicilia sia loro servito soltanto per organizzare la conquista del regno di Napoli, cosa che riuscì nel 1443 ad Alfonso V il Magnanimo.

Da questo punto in poi la città perde la sua identità e passa di mano in mano senza che nessuno voglia o possa farci niente: infatti dopo un breve controllo da parte dei Savoia, il controllo passa agli Austriaci, e infine, dal 1734, ai Borbone di Napoli; questi ultimi rimasero in carica fino al 1860, quando Garibaldi compì la storica impresa di unificare tutta le penisola (isole comprese).

E’ ancor più famoso del rassegnato “obbedisco” del generale, a noi è arrivato il perentorio ordine impartito a Bixio: “Nino, domani a Palermo”

Sul periodo successivo non ci sentiamo di ironizzare; esprimiamo soltanto l’augurio che, tra qualche tempo, se ne possa parlare in termini simili.

Abbiamo ironizzato, è vero, e ci scusiamo con gli storici per l’apparente scarso rigore storico del documento (ma è andata proprio così).

Abbiamo soltanto voluto fornire un sintetico quadro della storia e della travagliate vicende del nostro popolo che non può certo essere accusato di non essere ospitale!

E della naturale tendenza dei palermitani all’ospitalità vorremmo si parlasse di più, tramutando poi le parole in fatti concreti.

Goethe e Byron si sono innamorati della nostra città: è giunta l’ora che anche i Palermitani se ne innamorino; e che la sentano propria, viva, unica, inimitabile, come avviene per chi è costretto a viverne molto lontano.

Nella convinzione che la nostra città possa e debba recuperare non soltanto la vocazione “turistica” di un tempo ma anche, e sopratutto, il prestigio internazionale di cui godeva nel secolo scorso e nella ovvia speranza che la storia non abbia a ripetersi !

(*) Aldo Marino per ©PalermoWeb.com