Polizzi Generosa: da fortezza bizantina a fortezza della natura

Ci sono giorni in cui la brezza sospinge dal mare verso i monti grosse nubi umide e soffici. Poi, quasi le mancassero d’un colpo le forze, le lascia lì, ad avviluppare le colline e le pendici dei monti più alti.

Allora, l’erto pianoro su cui si distendono le case di Polizzi Generosa emerge come una zattera alla mercé di onde candide e capricciose. Il mondo tutt’intero scompare e solo altre vette è dato di vedere in quell’infinito bianco.

I polizzani chiamano questo fenomeno “maretta”, e di certo si tratta di uno dei panorami più suggestivi che si possano ammirare. D’altronde, a Polizzi si può ben dire che di vedute se ne intendano: dalla vetta del monte, a poco più di 900 metri d’altitudine, lo sguardo spazia a 360° dalle cime più alte delle Madonie a nord, ai colli digradanti che incorniciano la valle dell’lmera a sud. Un panorama vastissimo che si può cogliere da più parti, ma specialmente dal belvedere, un’ampia terrazza sospesa nel vuoto.

Nel cuore del Parco, Polizzi Generosa dista ottanta chilometri da Palermo

Le testimonianze archeologiche datano il primo insediamento nel territorio al sec. IV a.C, epoca a cui risale una necropoli ellenistica che ha restituito, fra l’altro, una pregiata anfora a figure rosse. Il primo ritrovamento archeologico è del 1650, quando venne rinvenuta una statua punica-egittizzante raffigurante una donna identificata con la dea Tanit-Athena Iside. La statua, alta poco più di un metro, aveva tre visi e reggeva in una mano un disco, simbolo del sole, e nell’altra due serpi, simbolo del dominio sull’acqua. “Iside” fu posta nella Chiesa Madre e destinata a reggere il fonte battesimale. Mantenne questa funzione per più di un secolo, fìn quando il vescovo di Cefalù, reputando blasfema la presenza di un simulacro pagano nel tempio, ne ordinò nel 1771 la distruzione. A nulla valsero le proteste dei polizzani che, da allora, per vedere la loro Iside, hanno dovuto contentarsi di una incisione realizzata nel 1720. Ben poco rispetto aveva ottenuto ladea alla quale, secondo una fantasiosa etimologia, si dovrebbe persino il nome di Polizzi, da Polis Isis (città di Iside).

Il nucleo attuale della cittadina si sviluppò a “partire dalla dominazione bizantina, allorché venne costruita una fortezza per la difesa delle vie d’accesso alla Val Demone. Espugnata nel 882 dagli Arabi che vi si insediarono, la cittadina conserva di questo periodo la caratteristica topografìa urbana con vicoli, scalette e archi ribassati. La moschea è stata trasformata nel 1361 nella chiesa di Sant’Antonio Abate. Il ricordo della sua esistenza rimane solo nel toponimo “via moschea” in quello che una volta era il quartiere ebreo, nei pressi di Piazza Castello. Quest’ultima trae il nome dal castello arabo-normanno, il fulcro dell’insediamento abitativo, del quale residuano soltanto pochi ruderi.

Nel Medioevo il castello era intatto e possente e intorno a esso, come accennato, s’andò sviluppando -soprattutto in epoca normanna – un nucleo urbano che, nell’XI-XII secolo, era tra i più importanti delle Madonie. Nel 1082 il territorio polizzano venne donato da Ruggero I alla nipote Ade-lasia, la quale diede forte impulso allo sviluppo del borgo, ordinando, fra l’altro, anche l’ampliamento della Chiesa Madre. In seguito, rolizzi tu sempre citta demaniale, titolo che conservò con orgoglio e all’occorrenza difese accanitamente: sul finire del XIV secolo, ad esempio, i cittadini raccolsero e versarono nelle casse regie una somma esorbitante per sottrarsi alla signoria di tal Raimondo Caprera. Le famiglie reali che si succedettero al governo della Sicilia, peraltro, mostrarono sempre di apprezzare Polizzi e la sua calda ospitalità. Molti esponenti delle dinastie regnanti vi si fermarono e l’accoglienza sempre dimostrata meritò alla cittadina l’appellativo di “Generosa” conferitole da Federico II di Svevia nel 1234; molti anni dopo, nel 1535, un altro imperatore, Carlo V, per ricambiarne l’ospitalità, concesse ai cittadini di riunire un senato e donò loro il proprio baldacchino (custodito nel Tesoro della Chiesa Madre).

Numerose famiglie nobiliari avevano qui la propria residenza e alimentarono una ricca vita culturale e sociale oltre a promuovere, naturalmente, l’economia locale. Molti erano, inoltre, i borghesi e Polizzi fu a lungo piuttosto progredita rispetto ad altri comuni. Basti pensare che, nel 1901, fu il primo paese siciliano ad avere l’illuminazione elettrica.

La Chiesa Madre è il più eminente fra gli edifici religiosi della cittadina. Costruita, pare, nella seconda metà de XI secolo, venne a più riprese ampliata tanto che, nelle sue forme attuali, risale al XVIII secolo (il prospetto è dei 1877). Tracce della struttura originaria si possono ancora riscontrare sul iato destro dove, sotto un piccolo portico, si trovano il portale gotico-chiaramontano e due finestre ogivali.

All’interno, numerosissime sono le opere d’arte e fra esse spicca, a destra dell’altare maggiore, un trittico fiammingo del Quattrocento di Rogier Van Der Weyden. Un altro trittico, detto “della Visitazio-ne” e risalente al 15 19, è sistemato di fronte al precedente. È opera di Johannes De Matta, un artista spagnolo attivo con propria bottega a Polizzi al principio del XVI secolo. Opere di scuola gaginesca e di artisti famosi come Giuseppe Salerno (lo “zoppo di Gangi”), Scaglione, Mirabella sono esposte all’ammirazione e alla venerazione lungo le navate e le absidi, mentre sono custoditi nel Tesoro l’urna d’argento di san Gandolfo di Andrea Di Leo ( 1549), un calice d’argento dorato del XV secolo e un ostensorio d’argento di Nibilius Gagi-ni (1568). In una cappella, infine, èsistemato il sarcofago marmoreo opera di Domenico Gagini (sec. XV) che doveva servire per accogliere le spoglie di san Gandolfo, patrono di Polizzi, qui morto nel 1260. Al santo frate è intitolata una chiesetta vicina (San Gandolfo la povera) del 1622, al cui interno vi sono due tele raffiguranti il santo dipinte da Giuseppe Salerno e Johannes De Matta.

Il frate viveva nel convento francescano di Polizzi, uno dei tanti presenti in città: qui infetti risiedevano anche frati domenicani, carmelitani e gerosolimitani oltre alle suore di due conventi benedettini e ai gesuiti. Di tanta abbondanza, purtroppo, oggi rimangono solo le chiese annesse ai monasteri: la Badia vecchia e la Badia nuova, entrambe del XV secolo (all’interno della Badia nuova è notevole la grande “custodia” barocca di un bravo artigiano polizzano, Pietro Bencivinni, del 1697); la Chiesa del Carmine (sec. XVI, all’interno Madonna del Carmelo di Johannes De Matta e un preziosissimo Crocifìsso ligneo di Francesco Gallusca); la Chiesa di San Girolamo, del XVII secolo, dalla inusitata pianta ottagonale ideata dall’architetto frate Angelo Italia e bel portale barocco in pietra fastosamente intagliata. Nell’attiguo ex-convento dei gesuiti sono stati sistemati gli uffici del Comune, della Pretura e la Biblioteca.

Altri edifici sacri sono la Chiesa di Santa Maria Lo Piano, già sede del Senato cittadino, con bel soffitto ligneo dipinto e al cui interno si custodisce una Deposizione del De Matta; la Chiesa di Sant’Orsola, con bel portale rinascimentale, ricca di preziose tele e statue; la Chiesa dicento, con un bel dipinto raffigurante “La fuga in Egitto” di Giuseppe Salerno; le trecentesche chiese di San Francesco e Santa Maria dell’Udienza. Più antiche sono infine San Pancrazio (882), già centro spirituale dei fedeli di rito bizantino; la Commenda dei Cavalieri di Malta, purtroppo ridotta a rudere (1177); la Chiesa di San Nicolo de Franchis [nella foto] (1167). Una passeggiata nel delizioso centro storico, le cui strade sono state risistemate con l’antico basolato, rivela inoltre alcuni pregevoli edifici civili come il Palazzo Gagliardo, dal bel portale intagliato e cantonali possenti, e il Palazzo Carpinello, in cima a un’ampia rampa di scale, con due antiche meridiane sulla lunga facciata. Questi due edifici sono oggi i più evidenti testimoni della passata potenza e opulenza di Polizzi.

Della vivacità culturale di Polizzi testimonia oggi Interessante Biblioteca Comunale Lancia di Brolo, inaugurata nel 1890 grazie a una donazione di Federico Lancia di Brolo e al patrimonio librario originariamente di proprietà dei conventi – tra le più ricche biblioteche di paese dell’intera Sicilia.

Il Museo Archeologico ha sede nel collegio dei Gesuiti ed è diviso in due sezioni: la stratigrafica e la tipologica (ancora in allestimento). La prima comprende cinque fasi e copre un periodo che va dal IV al II secolo a. C. Tra i pezzi più interessanti vi è l’anfora a figure rosse raffigurante Heracles e il leone Nemeo, due statuette di Artemide, una lekane a figure rosse, un poppatoio a testa leonina (con tanto di pallina antisoffocamento) e un’olpe a testa femminile.

Complessivamente vi sono presentati cinquanta corredi funerari della necropoli ellenistica rinvenuta in contrada san Pietro (1992). Il museo è aperto tutti i giorni escluso lunedì dalle 10 alle 13, sabato e domenica anche dalle 16 alle 19 (ingresso su via Garibaldi,11).

Nel Museo Ambientalistico Madonita (MAM) sono esposti esemplari delle diverse specie faunistiche del Parco delle Madonie all’interno di accurate ricostruzioni dell’ambiente naturale.

L’ambiente naturale è molto vario e ricco. Dal 1989 è protetto dai vincoli di un parco naturale, sebbene, nel territorio di Polizzi, già dal 1984 fosse stata istituita una riserva a protezione della zona della Quacella, un anfiteatro naturale d’aspetto dolomitico nel quale sono presenti numerosi endemismi.

Le Serre della Quacella, unitamente al vallone Madonna degli Angeli e alla zona che li collega, sono tra le più interessanti aree del parco. Il vallone, in particolare, è noto per la presenza dei pochi esemplari ancora riscontrabili di abete dei Nebrodi, una specie botanica rarissima (solo una ventina di alberi testimoniano ancora diboschi un tempo estesi). Sia nell’area della Quacella che in quella di Madonna degli Angeli vegetano inoltre vigorosi esemplari di leccio, faggio nonché piante rare come l’allisso e l’astragalo dei Nebrodi, il cardo di Boccone, la viperina stellata, il lino delle fate. Nei boschi trovano rifugio piccoli mammiferi come volpi, lepri, conigli, donnole, ricci, istrici, ghiri, martore e gatti selvatici. Tra i rapaci, gheppi, poiane, capovaccai, civette e barbagianni, nonché qualche rara aquila reale e aquila del Bonelli.

Numerose, nel territorio, infine, le tracce lasciate dall’attività agropastorale – mulini, masserie, ricoveri dei pastori (marcati).

L’eremo di san Gandolfo è meta di pellegrinaggio nel periodo primaverile e fulcro di due importanti feste locali. In settembre, in occasione della ricorrenza del santo patrono, i fedeli giungono all’eremo in massa per portare in paese la statua lignea di san Gandolfo che è qui sistemata. La statua viene condotta in processione il sabato sera e il lunedì pomeriggio, mentre la domenica pomeriggio è protagonista della processione l’urna argentea del santo custodita nella Chiesa Madre. In primavera, e precisamente il settimo mercoledì dopo Pasqua, si celebra poi il cosiddetto “ultimu mircuri” con processione dalla Chiesa Madre all’eremo, messa e benedizione delle campagne.

Alle nocciole, uno dei prodotti tipici della zona di Polizzi, è dedicata una sagra a metà agosto: in questa occasione vengono allestite riproduzioni di antiche botteghe e mestieri polizzani e vengono distribuite nocciole verdi ai convenuti.

Altre feste legate a ricorrenze religiose sono la festa du Bamminu (6 gennaio); quella di san Giovanni di Dio (8 marzo), di san Giuseppe (19 marzo). Ancora, la Settimana Santa, la festa del SS. Crocifìsso ( 1/4 maggio), di Santa Lucia (13 dicembre), e il Natale.

La ricchezza dell’ambiente naturale si riflette in quella dei prodotti tipici che la terra elargisce e fra essi soprattutto funghi, asparagi selvatici, fagiolini, nocciole e fragoline. Da queste ultime si trae un delizioso liquore. La preparazione più nota e caratteristica è una torta, lo “sfoglio”, ripiena di formaggio tuma finemente tritato e arricchito di cannella, cioccolato e zucchero. Ne esiste una variante “ridotta”, le “sfogliettine”. Allo sfoglio è dedicata una sagra, la prima domenica di settembre, con distribuzione gratuita del dolce.

Tra le pietanze eccelle un’insalata: si chiama curiosamente u cunigghiu (il coniglio) ed è preparata con patate, olive, baccalà, cardi, zucchine secche, carciofi. Tutto, insomma, tranne la carne di coniglio. È una specialità natalizia.


Sito web ufficiale del Comune: http://www.comune.polizzi.pa.it