Prizzi: mirabile architettura montana

Per lo studioso Collura non vi sono dubbi: su Montagna dei Cavalli, detta anche di San Lorenzo, posta di fronte a Prizzi, vi sono i resti archeologici dell’antica Hyppana, una città greca che nel 258 a.C. venne conquistata dai Romani perché alleata dei Cartaginesi.

“Il problema dell’individuazione di Hyppana non è risolto”, sostiene, invece, il dottor Vassallo, archeologo della Soprintendenza ai beni culturali dì Palermo, che ha condotto alcune campagne di scavo su quella montagna. E aggiunge: “Certo, c’è un’assonanza di nome tra Montagna dei Cavalli e Hyppana, si dice che vi sia un’iscrizione rinvenuta nel 700, che non conosciamo, è probabile che siamo ad Hyppana, ma non c’è la certezza”.

Hyppana o non Hyppana, comunque è certo che su Monte San Lorenzo ci siano i resti di un grosso centro di età ellenistica e tracce evidenti di insediamenti umani ancora più arcaici.

E doveva essere sicuramente un centro importante, dell’estensione di circa trenta – quaranta ettari, con un commercio florido, favorito dalla sua collocazione geografica: tramite il fiume San Leonardo, aveva lo sbocco sul mar Tirreno, tramite il Sosio con Eraclea Mìnoa, Selinunte e il Mediterraneo. La città era dotata di un teatro antico ed ancora oggi sì possono vedere, affioranti dal suolo, i resti dei muri di contenimento laterali e la vasta cavea. Si è scavato sull’acropoli e sono stati ritrovati reperti interessanti: molte monete antiche, tipiche del periodo ellenistico, di Siracusa, di Agrigento, persine della Campania; ceramiche ellenistiche a vernice nera e una placchetta in argento dorato, lavorato a sbalzo, raffigurante una divinità bifronte, probabilmente appartenente ad un pugnale rituale.

Questa placchetta per certe caratteristiche proprie della lavorazione è molto simile alla Stefanes in argento dorato in cui sono raffigurate scene di satiri e menadi, ritrovata intorno agli anni 60 dalla dott.ssa La Lumia, di una bellezza tale da ipotizzare una manifattura comune con i famosi ori di Taranto. Gli archeologi si sono posti anche la domanda sull’origine della popolazione indigena. Era sicana? Non esiste la certezza, anche se si sa che questa non era un’area d’influenza élima.

Conquistati numerosi centri della Sicilia interna (compresa la città su Monte San Lorenzo), i Romani costruirono quella che oggi può essere definita la strada più antica dell’isola, la strada consolare Palermo-Agrigento, l’attuale SS 118 “Corleonese-Agrigentina”.

Si era nel pieno della prima guerra punica, e per i Romani era importante spostarsi rapidamente da Palermo ad Agrigento, attraversando i latifondi della parte occidentale dell’isola.

Prizzi sorge sul monte di fronte la Montagna dei Cavalli. Le fonti storiche più attendibili ci dicono che il centro abitato sia stato costruito, attorno al nucleo fondamentale del castello dopo il 745 ad opera dei Bizantini, che sentivano fortemente la necessità di edificare presidi militari per difendersi dal pericolo musulmano e dalle guerre di religione. In effetti, il monte dove sorge Prizzi svetta di oltre 1.000 metri. Dal castello, quindi, era possibile controllare le ampie vallate sottostanti, mandare e ricevere segnali di fuoco e di fumo. Nella lingua tardo-greca “pyrizein” significava, appunto, accendere fuochi per mandare messaggi: da qui il nome di “Prizzi” al centro abitato. Questi sistemi di difesa non impedirono, comunque, che il castello bizantino – dopo meno di cento anni dalla sua costruzione – venisse conquistato dai Musulmani, che imposero il loro dominio fino alla successiva conquista normanna, avvenuta 24 anni dopo.

L’agglomerato urbano di Prizzi nacque, quindi, tutto attorno al castello e si sviluppò a semicerchio nelle zone sottostanti. Mancano in paese le tradizionali opere d’arte. Scrive Fabio Oliveri: “La vera opera d’arte che Prizzi possiede è se stessa, il suo centro storico che in Sicilia si rivela tra gli esempi mirabili di architettura montana, e che offre una suggestiva e irripetibile immagine di armonia tra l’uomo e l’ambiente”.

In effetti, si resta senza parole a guardare le case aggrappate alla roccia e la verdeggiante vallata del Sosio sottostante: un vero e proprio originale museo all’aperto. E’ eccezionale l’effetto scenico del paese che di giorno sembra un nido di aquile e di notte un presepe.

La valle del Sosio, attraversata dall’omonimo fiume, che ha la sua foce nel mare dì Ribera, è una delle riserve naturali di Prizzi. Da tempo è meta di tanti studiosi, che vi ammirano l’irripetibile fauna fossile del Permiano (280-225 milioni di anni fa). Un’altra riserva naturale di Prizzi è quella di monte Carcaci, alto 1.196 metri sul livello del mare: un ambiente suggestivo e incontaminato, in autunno sorvolato dalle gru e popolato da tanti rapaci (aquile, falchi e capovaccai). Altro luogo meritevole di attenzione per i suoi potenziali naturalistici è il lago di Raia.

Oggi, del castello bizantino non rimangono che ruderi. Sono da visitare la chiesa del Crocifisso (datata 1670), la chiesa Madre (datata 1561), dove si può ammirare la statua di San Giorgio, protettore di Prizzi, e una statua di San Michele Arcangelo, attribuita al Gagini.

Meritevoli di essere visti sono murales che adornano le pareti di case in pieno centro storico. Sono stati commissionati dal comune – nel 1989 – a tre artisti siciliani: Totò Bonanno, Franco Nocera e Mario Bardi. “I murales – scrive Oliveri – reinventano l’aspetto di parti del tessuto urbano, conferendogli sensazioni di classicità e trasfigurando piazza Sparacio, una delle tante piazze possibili, in un luogo di miti.

Da non perdere il Museo archeologico, istituito dal Comune di Prizzi in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo, inaugurato nel 2000.

Frazione di Prizzi è il borgo di Filaga, edificato probabilmente nello stesso periodo, cioè intorno al 745, circa 1250 anni fa. Il suo nome tardo-greco era “Fulacheion”, cioè “posto di guardia”. Come Prizzi, Filaga si arrende ai musulmani tra l’839 e l’840 e viene liberata dai normanni tra il 1078 e il 1080. Ma vi sono tracce di insediamenti umani che risalgono alla preistoria, a dimostrazione che l’ambiente – anche allora – era abbastanza ricco di risorse energetiche ed alimentari: legname, terre da semina e da pascolo, acque potabili. Un antico documento normanno del 1160 menziona per la prima volta Filaga e cento anni dopo i Cavalieri Teutonici vi fondano una “casa ospitaliera”. Poi si spopola, per essere ripopolata nuovamente nel secolo scorso col nome di San Ferdinando Bon Riposo, sostituito nuovamente da Filaga.

Oggi la borgata, abitata tutto l’anno da circa 200 anime, è un ricercato centro dì villeggiatura estiva. L’aria salubre e l’ambiente incontaminato ne hanno fatto la meta preferita per trascorrere giornate di relax a contatto con la natura.

Nel territorio sono presenti ancora esempi dell’antica cultura rurale come gli antichi “pagliari”, il castello di Margana con il più minuto “palummaru” rappresentano invece altri esempi costruttivi dal forte effetto paesaggistico.

Prodotti tipici sono i formaggi locali. La produzione va dal “primosale”, dal delicato profumo di latte, al “pecorino stagionato”, “u tumazzo”dal caratteristico sapore piccante e profumato, dato dal connubio tra tuma e spezie; l’assaggio dei formaggi trova il giusto equilibrio dei sapori se accompagnato da un buon bicchiere di vino, specie se locale, vino prodotto con particolari vitigni di “catarratto o nero canino “che danno al vino un caratteristico colore rubino ed un delicato bouchet speziato.

Principe dei prodotti caseari è il “caciocavallo”, fatto esclusivamente con latte di vacca: esso viene fuso durante la lavorazione e successivamente solidificato in varie forme, parallelepipedo, a pane e a “bummula”, a forma di una piccola bottiglia panciuta. La produzione dei formaggi, avviene ancora oggi a livelli individuale ed artigianale. Un marchio DOC non esiste anche perché ogni singolo allevatore usa una personale e gelosa ricetta nella preparazione, eredità familiare tramandata nel corso dei secoli.

Anche se Prizzi non è molto conosciuta per l’olio d’oliva, la fama e la bontà di questo prodotto attraversano i confini territoriali non tanto per la quantità ma per la qualità. Una coltivazione olivicola prettamente biologica, praticata da millenni: da ciò deriva un olio molto aromatico e balsamico, con qualità organolettiche di tutto rilievo.

Un appuntamento al quale, ormai da anni, non mancano migliaia di persone provenienti dalle più disparate parti dell’isola, è il “Ballo dei diavoli”, un’allegoria che rappresenta l’eterna lotta tra inverno e primavera, tra tenebre e luce, tra morte e resurrezione, tra bene e male. Il “Ballo” cade la domenica di Pasqua, e sì conclude col trionfo di Gesù risorto, col trionfo, quindi, della luce sulle tenebre, del bene sul male. Si tratta di una rievocazione in chiave cristiana di riti pagani, risalenti all’epoca dei Sicani e dei Siculi, primi abitatori di questa parte occidentale della Sicilia.


Sito web ufficiale del Comune: https://www.comune.prizzi.pa.it