Santa Cristina Gela: il feudo, la terra, la comunità

Il territorio odierno del Comune di Santa Cristina Gela è la risultante degli antichi pheuda sive territoria di Santa Cristina con l’Erranteria del Salice, Pianetto e Turdiepi, oltre che di Buscesci, Scanzano e Massariotta.

L’antropizzazione remota vi è attestata dalla presenza di insediamenti indigeni (Pizzo Parrino) e romani (Guri i Kapacit, necropoli di Quadaredda di Cozzo del Morto) e della zona di interesse archeologico di Cozzo della Madonna.

Al periodo bizantino può farsi risalire il toponimo terra di Costantino, usato nel rollo di Monreale (1182) per designare quello che, in un documento del sec. XV, sarà indicato come “pheudum sancte Christine”. La terra di Costantino avrebbe avuto come centro shpit’ e Fėfiut, con caratteristiche di phylakè, cioè di presidio militare bizantino a protezione della vasta zona sottostante.

Con gli Arabi, alla phylakè, diventata qal’at, si aggiunse, a valle, un menzil musulmano che ha conservato sino ad oggi il nome di Bufanit . Non è dato stabilire se anche l’attuale sito urbano sia stato sede di un qualche minuto nucleo residenziale: la presenza di una tomba circolare ipogea, giā scoperta e ricoperta durante lavori di ristrutturazione dė un immobile (1918), deporrebbe a favore di una necropoli. Altri casali, con relativi poderi, erano e sono: Pianetto (divisa de Limonis), Turdiepi (turris Elserf), Buscesci (gr. boukoléo = pascolo buoi, o alb. Busheshi – pian del bufalo) e Scanzano.

Coi Normanni, il nucleo pių antico del territorio, peraltro contiguo al casale del Gallo (Misilmeri), fu interessato dalle prime donazioni del Conte Ruggero a favore della Cattedrale di Palermo e segnerà, per secoli, il limes australe del territorio palermitano con lo stato arcivescovile di Monreale, successore della magna divisa Jati.

Dopo la scomparsa dei primi affittuari musulmani convertiti, di cui rimane elenco in una platea greco-araba della cancelleria normanna (1095), la Cattedrale di Palermo dovette ricavare in vario modo il suo peculio da questi territori, sin quando non ritenne opportuno affidarsi all’istituto dell’enfiteusi.

Una prima concessione enfiteutica del feudo di Santa Cristina a 82 agricoltori albanesi di Piana avvenne il 31 maggio 1691. Tuttavia, contrariamente a quanto è stato sinora sostenuto (La Mantia, Schirò ed altri), essa non dette luogo a fondazione, ma getto le basi di un insediamento stagionale di Arbereshe o attorno a ruderi di un ipotetico casale saraceno o, pių verosimilmente, in case pagliara e magaseni sorti attorno a fondaco, taberna e chiesetta rurale, tipico assetto di posta sulla via Corilionis, con probabile funzione sostitutiva della statio turrita del finitimo rahal Buton (Rebottone), al bivio per il parco vecchio di Ruggero II.

Nel 1747, ufficialmente a causa dell’inosservanza dei patti enfiteutici, di fatto per un più efficace inserimento nel commercio del grano, ci troviamo in presenza di altra concessione enfiteutica a favore dei Naselli duchi di Gela. E questa volta, non solo del feudo di Santa Cristina, ma anche dell’ Erranteria del Salice e del Pianetto.

Nasceva la terra di Santa Cristina, una delle ultime licentiae populandi in Sicilia. I Gela che in nome del feudatario eminente, l’Arcivescovo di Palermo eserciteranno il merum et mixtum imperium legato al feudo baronale Santa Cristina, concedono in subcanone gli appezzamenti ad antichi e nuovi Albanesi di Piana che fissano dimora nel nuovo centro. Concedono anche l’uso dell’antica chiesetta a Pietro Piediscalzi, albanese di rito greco, che vi fonde una confraternita e vi fa celebrare ogni domenica messa greca. Si chiudeva cosi, con una fondazione albanese, il ciclo delle città nuove di Sicilia che iniziò proprio con la venuta organizzata degli Albanesi nell’Isola.

Il nuovo nucleo residenziale che congloba il precedente insediamento stagionale veniva delimitato tutt’intorno da file di case a schiera, surrogato povero della ormai desueta cinta muraria, mentre l’area ricompresa, lottizzata, avrebbe costituito sino agli anni ’50 un serbatoio per posti di casa. La particolarità etnica e religiosa dei coloni invitati a popolare la nuova terra, consigliò ai Gela di agire da difensori del rito greco.

Con senso di illuminata tolleranza, essi assicurarono nello intero arco dell’amministrazione signoriale e oltre, insieme ad un prete latino, la presenza di un papas di rito orientale quasi sempre coniugato more Albanensium nella latina parrocchiale chiesa da loro fondata.

Riscontri del rito greco, oggi qui scomparso, ma tipico della diaspora albanese medievale, troviamo nei registri parrocchiali, nel canto del Lazeri, nel vajfim del Venerdė Santo e Prémtja e Madhe, nell’antica disposizione cemeteriale: a est venivano inumati i graeci ritus, ad ovest gli altri. Traccia di ciò è la diversità delle croci già usate per i tumuli: a forma allungata per i latini, a bracci uguali per i greco-albanesi.

Dopo l’abolizione della feudalità in Sicilia (1812) e l’estensione nei reali domini al di la del faro della legge organica sull’amministrazione civile, già in vigore nella parte continentale del regno delle Due Sicilie, la terra di Santa Cristina diventa comune col nome di Santa Cristina (gennaio 1818). Con l’unità d’Italia, riscontratesi omonimie tra comuni del nuovo regno, la denominazione ufficiale diventa Santa Cristina Gela e, per scorporo da Monreale (Buscesci, Scanzano e Massariotta) e compensazione con Marineo e Piana degli Albanesi, comprenderà il territorio attuale.

Nella parlata arbereshe dei suoi cittadini il nome del Comune rimane quello dell’antico feudo: Sendahstine.

In questa graziosa cittadina, che offre al turista una vista bellissima sul lago e una piazzetta centrale con fontana recuperata, sulla quale si affacciano l’antico Municipio e la chiesa madre con sculture lignee attribuite al Bagnasco e tela del sec. XVIII, nacquero: Giuseppe Arcaico (1825-1875) figlio dell’ ultimo papas di rito greco in Santa Cristina, illustre medico oftalmico e direttore della clinica oculistica dell’Università di Palermo, che “per invenzioni e trattati rese più chiaro il nome Italiano e la Sicilia presso le Imperiali e Reali Accademie di Austria, Francia a Prussia”; e Francesco Musacchia (1852-1931) fondatore della lega Nazionale Albanese (1902) poi Lega Italo-albanese di Palermo, che diede un singolare contributo presso le cancellerie degli stati europei a favore del movimento per l’indipendenza dell’Albania dall’Impero Ottomano.

La signorile abitazione dei Musacchia, dichiarata di interesse storico ai sensi della legge del 1939, è stata recentemente acquistata dalla Municipalità per destinarla, dopo il restauro, a biblioteca pubblica e a servizi culturali.

La facilità di raggiungere i caricatori di Palermo e di Termini Imerese, attraverso il reticolo di vie secanti il territorio di S. Cristina, spinse i Gela a farne il centro amministrativo e degli interessi legati alla produzione cerealicola, estesa anche in altri territori arcivescovili (Bifarera,…) enfiteuticati alla famiglia.

Gli interessi commerciali del nuovo signore e padrone della terra di Santa Cristina ebbero l’effetto di spostare l’asse del centro urbano dall’antico baglio (piazza Umberto I) verso l’attuale corso principale, poi intitolato ai Gela, sul tracciato della trazzera Palermo-Corleone, dove crearono un complesso di granai e stalle, ancora in parte conservato.

La Festa di San Giuseppe, la Pasqua e la Festa Patronale, sono le principali ricorrenze religiose della piccola comunità.

La Tavolata di San Giuseppe si svolge la sera nella piazza del paese, dove avviene anche il suggestivo rituale della consumazione del pranzo in pubblico da parte della Sacra Famiglia. In mattinata, i devoti usano preparare nelle loro case i pani, la cui particolari è costituita dalla presenza della velatura di zucchero con ramoscelli di rosmarino. La distribuzione al pubblico avviene subito dopo la benedizione da parte del sacerdote. Il giorno della festa è preceduto dalla tradizionale accensione dei falò o “vampe”di San Giuseppe. Ma il momento di maggiore solennità è sempre quello della processione del Santo per le vie del paese.

In occasione della Pasqua i Santacristiniari non rinunciano a mantenere viva la memoria delle loro origini. Nei giorni che precedono la Settimana Santa la gente esce per strada per intonare il “Lazeri”, antico canto della risurrezione di Lazzaro in lingua albanese. Anche la distribuzione delle uova colorate di rosso, in segno di augurio, fa parte di questi momenti.

I festeggiamenti in onore di Santa Cristina, le cui reliquie, ottenute solo di recente, sono conservate in una teca custodita all’interno della chiesa Madre, si svolgono in maniera molto semplice il 24 luglio. Saltuariamente, oltre alla tradizionale processione, vengono allestiti i “quadri” o “martirii” di Santa Cristina. Si tratta di una rappresentazione allegorica muta con decine di attori non professionisti in costumi d’epoca. Questo genere di processioni, molto in voga nella Sicilia del Settecento, oggi è quasi del tutto scomparso.


Sito web ufficiale del Comune: https://www.comune.santacristinagela.pa.it