Altavilla Milicia: tra mare e monti, un sito normanno

Altavilla Milicia sorge su una lussureggiante collina dalla quale è possibile spaziare visivamente da Capo Zafferano a Cefalù. Il centro urbano è ubicato fra i fiumi “Milicia” e “San Michele”, a confine tra le aree pedemontane coltivate a oliveto e la costa tirrenica, ancora in parte coltivata ad agrumi, dominata dalla spettacolarità delle spiagge sabbiose e dalle innumerevoli insenature che definiscono un paesaggio unico.

La fondazione di questo paese risale al periodo di dominazione spagnola della Sicilia. Il feudatario Francesco Maria Beccadelli di Bologna ottiene nel 1621 la “Licentie Populandi” dal Re di Spagna Filippo III. Ma la storia di Altavilla è legata ad avvenimenti di epoca più remota che testimoniano la presenza umana nel territorio, come ì ritrovamenti all’interno della suggestiva grotta Mazzamuto dove sono stati rinvenuti oggetti risalenti al paleolitico superiore e resti dì elefante nano, ma anche le numerose necropoli sparse sui monti, di incerta collocazione temporale. Il nome Milicia potrebbe derivare per questa terra di confine tra mondo greco e mondo fenicio dalla statua di Zeus Melichios (in greco melichia neutro plurale, significa “beni”) rinvenuta nella vicina città di Solunto in contrapposizione alla maligna statua del crudele Dio Baal.

L’aggettivo Melichios (dolce) potrebbe riferirsi alla coltura della canna da zucchero praticata per diversi secoli, ma entrata in crisi all’inizio del XVII Sec, altra ipotesi potrebbe essere quella relativa alla volontà da parte della famiglia Beccadelli Bologna di legare il proprio nome agli Svevi e agli Aragonesi, che trovarono gloria in questo territorio sconfiggendo i Saraceni in una battaglia nel 1067 decisiva per la conquista normanna di Palermo. Questo evento è testimoniato ancora oggi dalla presenza dalla chiesa di Santa Maria dì Campogrosso “Chiesazza” edificata nel 1077 sui resti di un casale arabo ” Ayliel” ed annessa ad un monastero di monaci Basiliani; in prossimità della chiesa si trova ancora oggi il ponte saraceno costruito per guadare il fiume San Michele. A monte del Paese sono ancora esistenti alcuni locali del monastero degli Olivetani, risalente al 1500, dove si raccoglieva la neve indispensabile all’attività del complesso monastico di Santa Maria dello Spasimo di Palermo, collegato da un percorso montano ( via della Nevriera ) e distante non più di sette miglia. Lungo la costa si trovano inoltre tre delle torri che costituivano il sistema dì difesa cinquecentesco delle coste siciliane dalle incursione dei pirati.

La porta monumentale in bronzo del Santuario di Altavilla Milicia, realizzata dallo scultore Vincenzo Gennaro, presenta una tematica molto articolata. Nel prospetto esterno, in alto a sinistra, si trova una sfera lavorata a tutto tondo che rappresenta la Cometa che sovrasta Bethlemme. Un angelo domina la metà superiore dell’anta destra e con un elegante movimento delle braccia e delle mani annunzio a Maria, porgendole un giglio, che è stata scelta per dare alla luce il figlio di Dio. Nella parte centrale dell’anta sinistra Maria visibilmente commossa si china in avanti a destra in segno d’accettazione della volontà divina. A destra il gruppo della Natività vede Giuseppe amorevolmente rivolto verso Gesù che guarda il volto di sua madre dolcemente chinato su di lui. Qui termina la teoria degli elementi figurativi. Il movimento a spirale continua verso l’alto con l’ Herodion, tempio che Erode fece costruire in un’altura vicina Betlemme come Palazzo fortezza, circolare con quattro torri diametralmente opposte a custodia e difesa del suo potere sulle cose, sugli uomini e sulle loro vite. Proprio li, infatti, decise la strage degli innocenti (tutti i bambini maschi sotto i due anni sterminati al fine di assicurare l’uccisione di Gesù che avrebbe dovuto, secondo le scritture, diventare Re d’Israele ).

Da questo punto, la spirale compositiva volge in basso, accompagnata dalle costruzioni esterne al Palazzo Fortezza per interrompersi davanti allo sbarramento naturale del mare delle canne. Le canne che danno il nome a questo guado, si flettono sotto il vento dell’est frenando cosi il deflusso delle acque del Mar Rosso, consentendo il passaggio in Egitto. La conoscenza di questo sito e di queste particolari condizioni ambientali ed atmosferiche dovette arrivare sino a Giuseppe, discendente della stirpe di Davide, tramandandosi di generazione in generazione, fra i Re d’Israele, da quando Mosè con il suo popolo liberato dalla schiavitù nel 1600 a.C. circa, attraversa lo stesso sito in direzione opposta per raggiungere la terra promessa, inseguito dall’esercito egiziano, che alla chiusura delle acque fatte aprire da un intervento divino, vi naufragò. Lungo le coste del Mar Rosso si possono individuare alcuni avamposti ed insediamenti egiziani a protezione di quel tratto vulnerabile di confine oltre il quale si ergono le piramidi simbolo stesso dell’Egitto. In particolare sono rappresentate le piramidi di Cheope, Chefren e Micerìno e le tre piccole piramidi di servizio della piana di Giza. Le piramidi duplicano la loro immagine come fossero riflesse nello specchio d’acqua di un miraggio.

La faccia esterna della porta del Santuario s’ispira, pertanto, ai temi dell’annunciazione e della Natività, che sono simboli della speranza e della gioia. La parte interna s’ispira, invece, al Calvario, alla Deposizione dalla Croce ed alla Sepoltura di Cristo, espressioni di dolore e pietà. Una porta della vita, quindi, come la vita di ogni essere umano nella quale ogni uomo potrà riconoscersi.

Le tradizioni locali sono legate soprattutto agli avvenimenti che portarono gli Altavillesi al ritrovamento del quadro della Madonna.

La leggenda narra che “il mare fu sconvolto da una furiosa tempesta rendendo estremamente difficoltoso ad una nave di pirati turchi di mantenere la rotta. Sul la nave tenevano una ‘giara” come contenitore di acqua potabile, coperto con un quadro della Madonna e San Francesco, rubato in una delle loro scorribande. Qualcuno dei corsari, preso dal terrore, attribuì la tempesta al volere delle figure dipinte nel quadro e tentò di distruggerlo, ma non vi riuscì. Mentre la nave rischiava il naufragio, il quadro fu buttato fra le onde spumeggienti”.
Il mare improvvisamente si calmò e “addivintò “na favula”, divenne piatto come una tavola, depositando sulla spiaggia il dipinto. Un gruppo di contadini che si trovò a passare, lo prese e lo carico su un carro trainato dai buoi, seguendolo come in processione fino a quando gli animali non si fermarono.

“Ivi fu eretta una cappella ed ivi si trova il Santuario”
A questi eventi è legato l’avvenimento più importante di Altavilla, la solenne festa della Madonna della Milicia che si svolge ogni anno dal sei all’otto Settembre e che ha il suo momento più significativo nella rievocazione del trasporto del quadro mediante un carro trionfale trainato dai buoi.

Gli avvenimenti legali al culto della Madonna hanno originato nei secoli una singolare testimonianza di fede nelle popolazioni campestri e marinare, costituita da una collezione di ex voto. Circa 400 quadretti, la maggior parte dei quali sono dipinti su latta ricavata dai contenitori del pesce, provenienti dalle vicine tonnare di Solanto e di Trabia, che ripercorrono circa tre secoli di eventi miracolosi attribuiti alla Madonna. La collezione è oggi esposta nel museo degli ex voto all’interno del Santuario. L’intensa attività culturale, la dimensione storica e le valenze paesaggistiche del mare e della montagna, nonché i prodotti gastronomici locali in particolare la salsiccia di maiale e l’olio d’olivo, sono alla base dell’attività turistica in continua crescita grazie alla progressiva dotazione di strutture che permettono di fruire i luoghi più significativi di questo piccolo centro siciliano, che con i suoi panorami, l’intensità dei colori della natura, i resti di un passato glorioso e leggendario esprime la reale essenza della nostra terra.